STUDIO LENZI & ASSOCIATI

Project: New bridge
Nuovo ponte “del Manetti”
Location: via Regina Margherita, Poggio a Caiano (PO)
Auctioneer: Comune di Poggio a Caiano

Design level: Studio di fattibilità
Date: 2011
Partnership: con Giorgio Pasquini, Alessandro Busca, Andrea Bellini
Result: progetto vincitore

Il ponte Leopoldo II, che attraversava l’Ombrone fra i territori del Comune di Prato e di Poggio a Caiano, fu costruito nel 1833 su disegno di Alessandro Manetti “per impulso dell’Augusto Regnante” Leopoldo II ed è una delle opere più significative dell’ingegneria italiana ed europea dell’800. Il nuovo ponte, ubicato nella sede del vecchio ponte Leopoldo II, si estende complessivamente tra le due sponde del torrente Ombrone per una luce di circa 60 m. La ricostruzione del ponte coinvolge i manufatti del 1833 come elementi fondativi del progetto che sono stati recuperati, non solo attraverso il restauro materico della loro presenza, ma anche riaffermando nuovamente la loro funzione statica.
Il progetto si completa con la riqualificazione dell’area verde circostante mediante la realizzazione di opere di contenimento del terreno e regimazione delle acque, piste ciclabili, percosi pedonali ed aree di sosta che rendono compiuta l’esigenza di ricongiunzione territoriale tra le Cascine di Tavola e la Villa Medicea di Poggio a Caiano.

Dalla relazione di progetto:

Rapporto tra nuova struttura e preesistenze
Nella progettazione strutturale del nuovo ponte è centrale l’idea di mantenere viva la funzione portante dei manufatti esistenti. L’esame della consistenza e dello stato di conservazione dei portali in pietra e le analisi strutturali svolte, in funzione dei carichi di progetto e delle sollecitazioni idrodinamiche in gioco, hanno indicato l’adeguatezza delle strutture progettate dall’ing. Manetti a sostenere il nuovo impalcato come già avevano fatto con il manufatto storico.
Si è ritenuto che il riutilizzo strutturale delle pile in pietra e delle fondazioni rappresentasse il metodo più efficace di recuperali e valorizzarli. Si è dato quindi ai manufatti un ruolo centrale nel sostegno del ponte portando le preesistenze all’attenzione dell’osservatore di passaggio. L’intima collaborazione tra elementi storicizzati e nuova costruzione determina un contrasto percettivo attraverso il quale si valorizzano entrambe le componenti.
La centralità delle vecchie pile non poteva essere mantenuta se non ricreando il passaggio del ponte attraverso gli arconi. La struttura, che trova il primo appoggio sul nuovo argine, attraversa gli archi e su questi si poggia grazie ad un traverso tubolare che fuoriesce dalla sezione del ponte per innestarsi nel cuore delle pile, all’interno di una camicia metallica precedentemente alloggiata. Il ponte prosegue poi oltre le pile sostenuto nella parte centrale da due stralli tesi, realizzati con funi spiroidali chiuse che salgono fino a trovare appoggio sulle spalle in pietra del Manetti e proseguono oltre, sino al nuovo argine, dove trovano l’ancoraggio terminale. L’utilizzo degli stralli, in sostituzione e ricordo del sistema di funi utilizzato dal Manetti, è parso fondamentale nell’ottica di riutilizzo delle pile. Una soluzione di questo tipo determina inoltre numerosi vantaggi: il vincolo fornito dai cavi riduce la luce libera dell’impalcato permettendo di realizzare una sezione più sottile, inoltre il pretensionamento indotto negli stralli permette di azzerare la deformazione dovuta ai pesi propri del ponte. Lo sforzo normale trasmesso dal cavo sulla pila determina un effetto stabilizzante sul manufatto, anche in relazione alle spinte dinamiche ribaltanti indotte sulle pile dalle acque in caso di piena eccezionale. Si noti che lo sviluppo planimetrico dei cavi è rettilineo. Il cavo viaggia cioè in direzione obliqua rispetto al piano del ponte, tagliando in diagonale la pila fino all’attacco a terra: questa scelta evita spinte trasversali sulle pile che determinerebbero azioni di compressione destabilizzanti per gli archi in pietra.

Caratteristiche strutturali del ponte
La volontà di integrarsi con i manufatti esistenti lasciando loro un ruolo centrale nella percezione dell’opera da parte dell’osservatore, ha determinato una scelta delle forme del ponte all’insegna della linearità, della sottigliezza delle sezioni e della semplicità costruttiva. Il ponte, attraversando i massicci archi in pietra, non li oscura, ma li rispetta e sfruttandone il sostegno strutturale, si subordina ad essi. Al contempo la sottigliezza e lo slancio della nuova struttura in acciaio si contrappone alla massiccia solidità dei manufatti lapidei dando luogo ad una reciproca esaltazione delle forme.
La sezione strutturale è costituita nei tratti laterali da tre profili HEB che dagli argini si staccano in piano per appoggiarsi all’interno delle pile e proseguire oltre, sino all’aggancio con gli stralli. Da questa sezione i profili portanti diventano quattro e si incurvano per realizzare la parte centrale dell’impalcato. Questa soluzione slancia il profilo del ponte e ha inoltre numerosi vantaggi dal punto di vista deformativo. La forma ad arco infatti induce un accettabile regime di compressione nei profili utilizzati riducendo drasticamente le sollecitazioni flessionali rispetto a quelle riscontrabili in uno sviluppo piano dell’impalcato. Dal punto di vista deformativo la freccia in mezzeria è ridotta di circa tre volte rispetto ad un andamento lineare, restando nell’ordine di un settecentesimo della luce del ponte.

La maggiore rigidezza è conferita dalla sezione che varia da piana a trapezoidale, con l’introduzione di un elemento teso all’intradosso dell’arco centrale. Questo elemento assorbe parte delle azioni orizzontali scaricate dall’arco sugli elementi di sostegno laterali. La collaborazione tra i profili estradossali dell’arco e il tirante inferiore è garantita dalle anime interne della sezione, costituite da lamiere strutturali sagomate e saldate ai profili che rendono la sezione di fatto indeformabile.

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